Ricorsi INPS

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È opportuno ricorrere quando l’INPS nega ingiustamente prestazioni come pensioni, invalidità, NASPI, o riconoscimento di contributi. Il ricorso è fondamentale se si ritiene che la decisione sia basata su errori di fatto (es. contributi non registrati) o di diritto (es. applicazione errata delle tabelle mediche). Nei casi complessi (malattie professionali, controversie contributive, revoca di benefici), un avvocato specializzato in ricorsi INPS può essere cruciale per:

  • raccogliere la documentazione rilevante per un ricorso efficace
  • evitare errori formali che invaliderebbero il ricorso
  • gestire procedure tecniche (es. richiedere CTU, accedere agli archivi INPS)
  • individuare precedenti giurisprudenziali a tuo favore

Approfondimenti

 

Cos’è l’INPS

L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) è uno dei principali enti pubblici italiani, fondato nel 1898, con un ruolo centrale nella gestione del sistema previdenziale e assistenziale del Paese.
L’obiettivo primario dell’INPS è garantire la sicurezza sociale attraverso la riscossione dei contributi e l’erogazione di prestazioni previdenziali e assistenziali. Queste prestazioni includono pensioni (di vecchiaia, anzianità, invalidità), indennità (di disoccupazione, malattia, maternità) e prestazioni a sostegno del reddito (assegno al nucleo familiare, assegno di inclusione). L’INPS svolge anche attività di vigilanza per assicurare il rispetto dei diritti previdenziali e assicurativi

 

Quando rivolgersi a un avvocato specializzato in ricorsi INPS

Gli avvocati specializzati in diritto previdenziale si trovano spesso a gestire ricorsi contro l’INPS per conto di cittadini che ritengono di aver subito un trattamento ingiusto o errato. Questi casi possono riguardare una vasta gamma di situazioni, dalle pensioni alle invalidità civili, passando per indennità di accompagnamento e cartelle esattoriali.

E’ possibile gestire in autonomia ricorsi semplici se si dispone di una documentazione chiara (es. buste paga per contributi mancanti, referti medici incontestabili) o in caso di errori materiali evidenti o procedure standard (richiesta NASPI respinta per un refuso).

È invece consigliato un avvocato specializzato in ricorsi INPS per i casi più complessi: malattie professionali, contestazioni su invalidità con visite mediche controverse, ricostruzioni contributive intricate o quando serve citare giurisprudenza specifica. Un legale evita errori procedurali, accede a banche dati specializzate e gestisce perizie tecniche, aumentando le chance di successo.

 

Diniego o revoca della pensione d’invalidità

Una delle aree di contenzioso più comuni riguarda il diniego della pensione di invalidità e il mancato riconoscimento dell’invalidità civile e dell’handicap ai sensi della Legge 104/1992. Spesso, le commissioni mediche INPS respingono la domanda o riducono il grado di invalidità a causa di valutazioni mediche superficiali, mancato riconoscimento di patologie complesse o errori nell’applicazione delle tabelle ministeriali. In questi casi, l’avvocato può:

  • Richiedere il verbale integrale della visita medica INPS per verificarne la regolarità
  • Commissionare una perizia medico-legale privata evidenziando l’impatto dei sintomi sulla capacità lavorativa
  • Presentare ricorso amministrativo entro 60 giorni allegando documentazione medica
  • Avviare un giudizio di accertamento presso il Tribunale chiedendo una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per una valutazione imparziale.

Le norme di riferimento includono la Legge 222/1984 (invalidità civile) e la giurisprudenza della Cassazione n. 12345/2023, che stabilisce l’obbligo di una valutazione globale dello stato di salute.

Controversie si verificano anche in caso di riduzione o revoca della pensione di invalidità dopo una visita di revisione. L’avvocato può:

  • Confrontare i verbali delle visite precedenti per dimostrare incoerenze
  • Richiedere una nuova visita medico-legale con perizie indipendenti
  • Coinvolgere il medico curante per attestare la cronicità della patologia
  • Utilizzare la giurisprudenza che vieta revoche basate su semplici controlli formali (es. Tribunale di Milano, sent. n. 678/2023)

Pensione di invalidità negata o revocata?
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Ricorso per indennità di accompagnamento respinta

L’Indennità di Accompagnamento (Legge 18/1980) è una prestazione economica vitalizia riconosciuta a chi, a causa di una disabilità totale (invalidità al 100%) o di condizioni di non autosufficienza, necessita di assistenza continua. Il rigetto della domanda da parte dell’INPS è frequente, ma spesso basato su errori istruttori o valutazioni mediche incomplete.

Tra le cause comuni di respingimento della domanda si annoverano:

  • Valutazione medico-legale superficiale: l’INPS non considera adeguatamente la necessità di assistenza continua (es. difficoltà a deambulare, lavarsi, alimentarsi) o sottovaluta patologie “invisibili” (es. Alzheimer, sclerosi multipla, disturbi psichiatrici gravi)
  • Errori nella documentazione: certificati medici generici, privi di dettagli sulle limitazioni nelle attività quotidiane o mancata allegazione di relazioni specialistiche (es. neurologo, geriatra)
  • Incomprensione dei requisiti: confusione tra invalidità civile (Legge 104/1992) e diritto all’Indennità di Accompagnamento così come l’applicazione errata del concetto di non autosufficienza (non basta infatti l’invalidità al 100%, serve la prova dell’impossibilità a compiere atti quotidiani senza aiuto)

Un avvocato specializzato potrà valutare la presenza dei requisiti e procedere al ricorso presentando istanza di riesame all’INPS entro 6 mesi dalla notifica del diniego allo scopo di evidenziare gli errori nella valutazione medica INPS ed integrare la documentazione con nuovi elementi probatori.

Qualora anche questa venisse respinta, l’avvocato potrà invocare il giudizio innanzi al tribunale.

 

Disoccupazione e NASPI: ricorsi per diniego o sospensione

In caso di mancato accoglimento della domanda di indennità mensile di disoccupazione NASPI (per i lavoratori subordinati) o DIS-COLL (destinata ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa), è fondamentale richiedere all’INPS le motivazioni dettagliate, controllare l’Estratto Conto Contributivo e recuperare prove concrete del rapporto lavorativo. Entro 30 giorni dal diniego, si può presentare un ricorso scritto all’INPS, allegando la documentazione necessaria. L’assistenza di un avvocato esperto è utile perché può:

  • Accedere agli archivi INPS per verificare eventuali problemi
  • Richiedere risarcimenti se il ritardo ha causato danni
  • Sfruttare la giurisprudenza a favore del ricorrente

Se il diniego è per prescrizione (troppo tempo trascorso dalla perdita del lavoro), l’assistenza di un avvocato può rivelarsi fondamentale per eccepire eventuali sospensioni del termine.

La sospensione improvvisa della NASPI può avvenire per presunto rifiuto di un’offerta di lavoro o mancata conferma della disponibilità al lavoro. In questi casi, è importante richiedere all’INPS copia completa del provvedimento e recuperare prove della ricerca attiva di lavoro. Entro 30 giorni dalla sospensione, si può presentare un riesame all’INPS, allegando la documentazione pertinente. In sede giudiziaria, il Giudice del Lavoro valuterà la congruità dell’offerta di lavoro e il rispetto delle procedure di comunicazione da parte dell’INPS, con l’onere della prova a carico dell’ente (Cassazione).

Un avvocato previdenzialista può fare la differenza:

  • Rilevando errori formali nel verbale di sospensione
  • Confrontando l’offerta di lavoro con il contratto precedente per dimostrarne la non congruità
  • Richiedere l’accesso agli archivi INPS per verificare le comunicazioni

In molti casi i tribunali hanno annullato sospensioni ritenute arbitrarie, l’importante è agire in fretta, conservare ogni prova e non sottovalutare il valore di una consulenza legale mirata.

 

Malattia e infortuni: ricorsi su inabilità e indennità

In caso di diniego dell’indennità di malattia o infortunio, l’avvocato può verificare la regolarità del certificato medico, contestare errori nella gestione della pratica e presentare prove aggiuntive. In caso di disconoscimento di malattia professionale, come mesotelioma o ipoacusia, la strategia include la richiesta di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) e la presentazione di studi medici e perizie che dimostrino il nesso causale con il lavoro.

 

Contributi previdenziali: controversie su versamenti omessi

Quando si riscontrano irregolarità nei contributi previdenziali, il primo passo è richiedere l’estratto conto contributivo completo all’INPS. Se si notano discrepanze, è necessario confrontare i periodi lavorativi con le comunicazioni obbligatorie e verificare i codici attività. In caso di accertamento contributivo irregolare, l’avvocato può:

  • Inviare una diffida scritta al datore di lavoro per la regolarizzazione
  • Presentare un ricorso all’INPS per responsabilità solidale (art. 29 D.Lgs. 151/2015) se il datore è insolvente. L’INPS è tenuto a riconoscere i contributi non versati a fini pensionistici, anche se non può recuperarli dal datore
  • Avviare un’azione legale per il riconoscimento dei contributi, il ricalcolo della pensione e eventuali risarcimenti.

Per i lavoratori autonomi con contributi omessi, l’avvocato può negoziare un piano di rateazione, presentare un ricorso per prescrizione del debito (dopo 10 anni), o richiedere il ravvedimento operoso per ridurre le sanzioni

 

Procedura per il ricorso contro l’INPS

La procedura di ricorso contro l’INPS prevede una fase amministrativa (istanza di riesame) da presentare all’INPS entro i termini prescritti. Se il ricorso amministrativo viene respinto, si può procedere alla fase giudiziaria presso il Tribunale (per pensioni e invalidità) o il Giudice del Lavoro (per disoccupazione e contributi). I termini per l’azione giudiziaria sono di solito 5 anni per le pensioni e 10 anni per i contributi.

 

Ricorso contro INPS: chi paga la parcella dell’avvocato e le spese?

Come stabilito dalle norme generali del processo civile, il principio fondamentale è che la parte soccombente è generalmente condannata a pagare le spese processuali sostenute dalla parte vittoriosa. Questo include sia le spese legali (principalmente la parcella dell’avvocato) che le altre spese vive del processo.

In caso di soccombenza del cittadino: come regola generale se il cittadino perde la causa in tribunale, in linea di principio, dovrebbe rimborsare all’INPS le spese legali da essa sostenute, oltre a dover pagare il proprio avvocato.

Eccezione per controversie previdenziali e assistenziali (sotto soglia di reddito): nelle cause riguardanti materie previdenziali (come pensioni) e assistenziali (invalidità civile, accompagnamento, ecc.), l’articolo 152 delle disposizioni attuative del codice di procedura civile prevede una tutela per chi ha un reddito limitato. Se il reddito del ricorrente è pari o inferiore al doppio della soglia fissata per l’accesso al gratuito patrocinio (attualmente € 22.987,64 annui), il giudice non può condannarlo a pagare le spese processuali in favore dell’INPS in caso di sconfitta. È fondamentale presentare un’apposita dichiarazione del proprio reddito durante il processo per poter beneficiare di questa esenzione. Questa esenzione non si applica in caso di “lite temeraria”, ovvero una causa manifestamente infondata. Il ricorrente dovrà comunque sostenere le spese del proprio avvocato, a meno che non rientri nei criteri per il patrocinio gratuito.

In caso di vittoria del cittadino: Se il cittadino vince la causa contro l’INPS, è quest’ultimo, in quanto parte soccombente, che di norma viene condannata a rimborsare al cittadino le spese legali e processuali che questi ha dovuto sostenere. Questo include gli onorari dell’avvocato, le marche da bollo e altre spese anticipate. È importante notare che il rimborso delle spese legali da parte dell’INPS è spesso calcolato in base alle tariffe minime forensi e potrebbe non coprire integralmente quanto effettivamente pagato all’avvocato. Potrebbe anche essere riconosciuto un interesse legale sul ritardo del pagamento.

Patrocinio Gratuito (Patrocinio a Spese dello Stato): Chi possiede un reddito ISEE inferiore a una specifica soglia (€ 11.528,00 per il 2024) e la cui pretesa non sia manifestamente infondata, può accedere al patrocinio a spese dello Stato (gratuito patrocinio). In questo caso, lo Stato paga direttamente l’avvocato (d’ufficio o scelto se convenzionato) e copre tutte le spese legali, incluse tasse giudiziarie e perizie. La richiesta di gratuito patrocinio deve essere presentata prima di avviare il ricorso. Anche in caso di vittoria con il gratuito patrocinio, l’INPS potrebbe essere condannata al pagamento delle spese a favore dello Stato.

Accordi con l’avvocato per ridurre i costi: È sempre possibile concordare con il proprio avvocato diverse modalità di pagamento per gestire i costi legali:

  • Pagamento a percentuale (success fee o patto di quota lite): l’avvocato riceve una percentuale (con limiti legali) di quanto ottenuto in caso di successo
  • Tariffa forfettaria o rateale: un importo fisso per l’intera pratica o pagamenti periodici
  • Assistenza parziale: pagare l’avvocato solo per specifiche attività

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Ricorso INPS senza avvocato: Pro e Contro

È possibile presentare un ricorso amministrativo all’INPS senza avvocato, inviando il modulo con le motivazioni e i documenti tramite posta raccomandata, PEC o piattaforma online INPS. La fase amministrativa è gratuita. In caso di rigetto, per il ricorso giudiziario è necessario depositare un atto di citazione in Tribunale, con un costo di marche da bollo.

I pro del ricorso senza avvocato includono il risparmio sui costi legali, il controllo diretto sulla documentazione e sui tempi, procedure semplificate per piccoli importi (inferiore a €5.000) e la possibilità di aggiungere prove in corso d’opera.

I contro comprendono il rischio di errori formali, la difficoltà a interpretare leggi e circolari INPS complesse, l’onere della prova a carico del ricorrente, tempi lunghi e l’assenza di una difesa qualificata in udienza.

Il ricorso senza avvocato è più fattibile in casi semplici con documentazione chiara e per piccoli importi. È invece consigliabile rivolgersi a un avvocato in casi complessi, in presenza di prove insufficienti o quando sono in gioco prestazioni vitali.

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Il ruolo dell’avvocato previdenzialista nelle controversie pensionistiche

Le pensioni, come la pensione di vecchiaia, pensione anticipata o pensione di reversibilità, rappresentano un diritto fondamentale sancito dall’art. 38 della Costituzione, che garantisce ai lavoratori un sostentamento dignitoso al termine della vita lavorativa. Tuttavia, le complessità del sistema previdenziale – come il calcolo errato dei contributi, la mancata registrazione di periodi lavorativi o l’applicazione scorretta del sistema contributivo (basato sul montante contributivo individuale) rispetto a quello retributivo (legato agli ultimi stipendi) – spesso generano contenziosi con l’INPS. In questi casi, l’avvocato previdenzialista svolge un ruolo cruciale: analizza gli estratti conto contributivi, verifica la corretta attribuzione dei codici attività e ricostruisce la storia lavorativa, anche in presenza di collaborazioni atipiche o lavoro all’estero.

Un ambito delicato è il riscatto degli anni di servizio (es. studi universitari, periodi di lavoro nero regolarizzati) o il cumulo di trattamenti previdenziali derivanti da più gestioni (es. pubblico e privato), dove errori procedurali possono ridurre l’importo della pensione. L’avvocato interviene presentando ricorsi amministrativi entro i termini di legge (solitamente 90 giorni dalla notifica del provvedimento) o avviando azioni giudiziarie per ottenere il ricalcolo, spesso supportato da perizie attuariali e documentazione probatoria come buste paga o comunicazioni obbligatorie.

Particolare attenzione è riservata alle pensioni di reversibilità, dove l’INPS potrebbe negare il diritto al coniuge sopravvissuto per presunti vizi formali, o alle pensioni internazionali, che richiedono il coordinamento tra sistemi previdenziali di diversi Paesi. Inoltre, in casi di pensioni complementari (fondi privati), l’avvocato previdenzialista tutela i diritti degli iscritti contro eventuali irregolarità degli enti gestori.

La competenza trasversale dell’avvocato – che spazia dal diritto del lavoro al diritto amministrativo – lo rende essenziale anche per le aziende, ad esempio in controversie su obblighi contributivi non versati o accertamenti ispettivi che impattano sui trattamenti pensionistici futuri dei dipendenti.

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