Ricevere un’intimazione di pagamento dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione può generare timore, confusione o la sensazione di essere ormai “senza alternative”. In realtà, questo atto rappresenta sì un passaggio critico nella procedura di riscossione, ma anche un momento in cui il contribuente conserva ancora strumenti concreti per tutelarsi, contestare eventuali errori e valutare soluzioni come ricorso, rateizzazione o saldo e stralcio.
In questa guida completa analizziamo cosa significa davvero ricevere un’intimazione, quando è legittima, in quali casi è possibile impugnarla e cosa succede se si rimane inerti. L’obiettivo è permetterti di comprendere come evitare pignoramenti o fermi amministrativi, come riconoscere vizi formali o prescrizioni e, soprattutto, quando è opportuno rivolgersi a un avvocato tributarista esperto in cartelle esattoriali e riscossione per impostare una strategia efficace.
La guida è pensata per chi cerca informazioni ma anche un orientamento pratico, utile per decidere come intervenire subito e quale strada intraprendere: contestazione, ricorso, rateizzazione, verifica della prescrizione o richiesta di annullamento in autotutela.
📌 Cos’è un’intimazione di pagamento
L’intimazione di pagamento è un atto formale con cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (o un altro ente creditore) invita il debitore a saldare un debito entro un termine stabilito, solitamente 5 giorni. Questo avviso è spesso il preludio a misure esecutive come il pignoramento dei beni, del conto corrente o dello stipendio.
Si tratta quindi di un momento cruciale nel processo di riscossione dei crediti, in particolare quelli fiscali, poiché segnala che la procedura sta per entrare nella fase esecutiva.
📌 Quando si riceve un’intimazione di pagamento
Un’intimazione di pagamento può essere notificata quando:
- Non è stato pagato un debito contenuto in una cartella esattoriale entro i termini previsti.
- È stata accertata una somma dovuta e non contestata nei tempi.
- Dopo il mancato adempimento spontaneo a un avviso di accertamento esecutivo.
In pratica, l’intimazione è un “ultimatum” per evitare l’esecuzione forzata. Spesso viene notificata a distanza di tempo dalla cartella, ma attenzione: può riguardare anche cartelle “vecchie” che non sono ancora cadute in prescrizione.
📌 Cosa fare subito dopo aver ricevuto un’intimazione di pagamento
Ricevere un’intimazione di pagamento può essere fonte di stress, ma è fondamentale agire rapidamente e con lucidità. Ecco i passaggi consigliati:
1. Verifica la correttezza della notifica
Controlla:
- La data di notifica (per calcolare i termini per agire);
- L’importo richiesto;
- Il dettaglio del debito (cartelle di pagamento, codici tributo, anno di riferimento);
- Che sia stato notificato correttamente (PEC, raccomandata, ufficiale giudiziario).
2. Controlla la prescrizione
Molti debiti si prescrivono dopo un certo numero di anni:
- Tasse statali: 10 anni;
- Tasse locali: 5 anni;
- Sanzioni amministrative: 5 anni;
- Contributi previdenziali: 5 anni.
Se il debito è prescritto, l’intimazione è illegittima.
3. Verifica la presenza di vizi formali
Errori nella notifica, nella descrizione del debito, nella legittimazione dell’ente possono rendere annullabile l’atto.
4. Consulta un esperto
Un avvocato tributarista o un consulente legale può aiutarti a valutare la legittimità dell’intimazione e consigliare l’azione più opportuna.
📌 Quando e come contestare un’intimazione di pagamento
Contestare un’intimazione di pagamento è possibile solo in presenza di motivi giuridicamente fondati. I principali casi di contestazione includono:
- Debito prescritto: se è passato il termine legale senza atti interruttivi della prescrizione.
- Debito già pagato o estinto: presenza di ricevute o documentazione che attestano il pagamento.
- Notifica mai avvenuta: se non è mai stata notificata la cartella sottostante, l’intimazione è nulla.
- Errore materiale o identità errata: il debito non riguarda il soggetto notificato.
- Vizi formali: mancanza di elementi obbligatori nell’atto o notifica effettuata in modo irregolare.
Come contestarla concretamente
- Raccogli la documentazione: ogni ricevuta, cartella precedente, PEC o comunicazione può essere utile.
- Controlla l’ente competente: capire se il ricorso va fatto al giudice tributario o ordinario.
- Redigi un atto di opposizione o ricorso: da presentare entro i termini previsti dalla legge.
- Puoi anche presentare un’istanza di autotutela: direttamente all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, per chiedere l’annullamento in via amministrativa se l’errore è evidente.
👉 Ricorda che ogni caso ha le sue peculiarità, ed è fortemente consigliata l’assistenza di un professionista esperto in diritto tributario.
📌 Come impugnare un’intimazione di pagamento
L’impugnazione è una procedura formale con la quale il contribuente si rivolge al giudice per chiedere l’annullamento dell’intimazione. È un diritto fondamentale del cittadino e uno strumento efficace per evitare conseguenze gravi come i pignoramenti.
1. A chi rivolgersi?
- Corte di Giustizia Tributaria di primo grado: se il debito riguarda tasse, imposte, contributi pubblici.
- Tribunale Ordinario: per contravvenzioni al codice della strada, contributi INPS/INAIL, canoni, locazioni e altri crediti non tributari.
2. Contenuti del ricorso
Il ricorso deve contenere:
- Gli estremi dell’intimazione impugnata;
- Le motivazioni per cui si ritiene nullo o illegittimo l’atto;
- Le prove a supporto (ricevute, mancata notifica, errori evidenti);
- L’eventuale richiesta di sospensione dell’esecutività.
3. Termini per presentare il ricorso
- 60 giorni per le imposte e tributi;
- 30 giorni per contravvenzioni e contributi;
- 20 giorni se c’è già in corso un pignoramento.
⚠️ Importante: i termini decorrono dalla data di notifica dell’intimazione, non da quando l’hai letta o ricevuta realmente.
4. Sospensione dell’efficacia dell’atto
Se il ricorso è fondato, puoi chiedere la sospensione cautelare dell’atto, evitando così che l’Agenzia proceda con esecuzioni fino alla decisione del giudice.
📌 Cosa succede se non si paga
Se non si paga entro i 5 giorni indicati nell’intimazione, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere con:
- Pignoramento dello stipendio;
- Pignoramento del conto corrente;
- Fermo amministrativo dei veicoli;
- Ipoteca legale su beni immobili.
📌 Alternative al ricorso: rateizzazione e saldo e stralcio
Se l’intimazione è legittima e il debito è reale, esistono comunque strumenti per evitare conseguenze gravi come il pignoramento.
Rateizzazione del debito
La rateizzazione consente di suddividere l’importo dovuto in comode rate mensili, rendendo il pagamento sostenibile. È accessibile sia a persone fisiche che giuridiche.
Vantaggi:
- Blocco immediato delle azioni esecutive una volta accettata la domanda;
- Possibilità di dilazionare fino a 72 rate mensili;
- Procedura semplificata per debiti fino a 120.000 €.
Come richiederla:
- Online sul sito dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
- Con credenziali SPID, CIE o CNS;
- Indicando l’importo da rateizzare e le motivazioni economiche.
Saldo e stralcio
Questa opzione è riservata a soggetti in difficoltà economica, in possesso di determinati requisiti (ISEE basso, situazione patrimoniale fragile).
Requisiti principali:
- ISEE inferiore a 20.000 € (variabile a seconda delle normative vigenti);
- Debiti affidati alla riscossione entro determinate date;
- Solo per persone fisiche.
Benefici:
- Pagamento solo di una percentuale del debito (anche ridotta);
- Estinzione completa della posizione debitoria;
- Annullamento delle sanzioni e parte degli interessi.
⚠️ Attenzione: queste misure devono essere richieste prima che inizi l’esecuzione forzata. Una volta avviato un pignoramento, diventa più difficile accedere a queste soluzioni.
📌 Consigli utili
- Conserva sempre le ricevute di pagamento.
- Verifica periodicamente la tua situazione debitoria sul portale dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
- In caso di dubbi, chiedi un estratto di ruolo.
- Agisci nei tempi previsti: anche un solo giorno di ritardo può compromettere la difesa.
❓ FAQ sull’intimazione di pagamento
La cartella è il primo atto con cui l’ente richiede il pagamento. L’intimazione arriva dopo, come sollecito finale prima di procedere con pignoramenti. Serve a dare un ultimo avviso al contribuente.
Può essere notificata anche anni dopo la cartella, purché il debito non sia prescritto. Le prescrizioni variano in base al tipo di debito (5 o 10 anni).
Sì, se la cartella non è mai stata notificata, l’intimazione è nulla e può essere impugnata.
Sì, purché inviata correttamente e all’indirizzo PEC ufficiale del destinatario.
Sì, ma solo prima dell’avvio dell’esecuzione forzata.
Occorre verificare l’ultimo atto notificato, l’eventuale interruzione dei termini e la tipologia del credito. La valutazione di un professionista è quasi sempre necessaria.
Non sempre è obbligatorio, ma è fortemente consigliato. La presenza di un avvocato tributarista esperto in riscossione aumenta le possibilità di individuare vizi, prescrizioni o errori che possono annullare l’atto.
L’intimazione viene annullata e, a seconda dei casi, anche la cartella o il debito sottostante.
Si può richiedere la sospensione cautelare in sede di ricorso, oppure presentare domanda di rateizzazione prima dell’avvio dell’esecuzione.
Bisogna controllare interessi, sanzioni e corretta imputazione delle somme. La presenza di errori non è rara.
✅ Ricevere un’intimazione di pagamento non significa essere senza speranza. Puoi difenderti, contestare l’atto o trovare soluzioni alternative come la rateizzazione. L’importante è non ignorarla e agire tempestivamente.
👉 Hai ricevuto un’intimazione di pagamento?
Affidati ad un professionista esperto: analizzerà il tuo caso e ti aiuterà a difenderti efficacemente.
