Lo stress da lavoro è diventato un tema centrale nel diritto del lavoro.
La Corte di Cassazione ha stabilito che i datori di lavoro sono responsabili dei danni alla salute causati da un ambiente di lavoro stressante, anche in assenza di mobbing.
L’articolo 2087 del Codice Civile impone al datore di lavoro l’obbligo di tutelare la salute dei dipendenti, adottando tutte le misure necessarie per salvaguardare l’integrità fisica e morale dei lavoratori.
Secondo l’INAIL, lo stress correlato al lavoro può manifestarsi attraverso disfunzioni fisiche, sociali o psicologiche, spesso derivanti dall’impossibilità di soddisfare le aspettative lavorative. Inoltre, la giurisprudenza ha riconosciuto il concetto di “straining” come forma di stress lavorativo che non richiede la prova di molestie sistematiche, distinguendolo dal mobbing.
Pertanto, il lavoratore che subisce danni da stress correlato al lavoro dispone di strumenti concreti per tutelare i propri diritti.
La recente evoluzione giurisprudenziale ha rafforzato la posizione dei lavoratori, alleggerendo l’onere probatorio e ampliando le possibilità di ottenere un giusto risarcimento. Quindi, risulta fondamentale che i lavoratori conoscano i propri diritti e agiscano tempestivamente per proteggere la propria salute psicofisica, avvalendosi del supporto di professionisti qualificati nel campo medico e legale.
Quali sintomi fisici manifestano lo stress da lavoro
Riconoscere i segnali dello stress professionale rappresenta il primo passo fondamentale per affrontare questa problematica che colpisce milioni di lavoratori.
I sintomi fisici dello stress lavorativo comprendono manifestazioni evidenti che non dovrebbero essere sottovalutate. Innanzitutto, si avverte una stanchezza persistente, sia fisica che mentale, spesso presente prima ancora di iniziare l’attività lavorativa. Altri segnali includono mal di testa ricorrenti, tensione muscolare (specialmente nella zona del collo e delle spalle), disturbi del sonno e problemi digestivi come colite.
Lo stress prolungato può inoltre provocare alterazioni fisiologiche significative: colesterolo elevato, pressione arteriosa alta, glicemia aumentata e indebolimento del sistema immunitario. Questi cambiamenti, nel lungo periodo, aumentano il rischio di malattie cardiovascolari dal 10% al 40%, soprattutto se associati a orari di lavoro eccessivi.
Come lo stress altera le capacità cognitive e relazionali
Sul piano cognitivo, lo stress compromette significativamente le funzioni esecutive. La capacità di concentrazione diminuisce notevolmente, portando a errori anche banali che alimentano un circolo vizioso di insicurezza. La memoria di lavoro, l’attenzione, l’inibizione della risposta e la flessibilità cognitiva subiscono alterazioni importanti.
Le conseguenze relazionali risultano altrettanto gravi. Si manifestano irritabilità, ansia e demotivazione persistente. I lavoratori possono sviluppare sentimenti di inadeguatezza, percependo di non essere all’altezza dei propri compiti o di non riuscire mai a fare abbastanza. Conseguentemente, si innescano difficoltà di comunicazione e di gestione dei progetti, che finiscono per alimentare ulteriormente lo stress.
Quando l’ambiente lavorativo diventa nocivo
Un ambiente lavorativo diventa stressogeno quando vi sono ritmi frenetici, scadenze pressanti e orari eccessivi. La sensazione di essere privati del controllo sul proprio lavoro o dell’autonomia nelle decisioni quotidiane contribuisce significativamente all’aumento dello stress.
Il clima lavorativo tossico si caratterizza per scarsa collaborazione tra colleghi, mancanza di riconoscimento, competizione malsana e carichi di lavoro irragionevoli. In tali contesti, i lavoratori si sentono psicologicamente insicuri e sviluppano ansia costante.
La giurisprudenza ha riconosciuto che un ambiente lavorativo stressogeno costituisce un fatto ingiusto risarcibile, in quanto viola l’articolo 2087 del Codice Civile che impone al datore di lavoro il dovere di tutelare la salute dei lavoratori.
Pertanto, il lavoratore può avere diritto al risarcimento del danno quando il clima lavorativo è causa di una sua condizione di stress.
Il medico certifica lo stress da lavoro correlato
La certificazione medica rappresenta un elemento fondamentale per dimostrare lo stress da lavoro correlato. Sebbene lo stress in sé non sia riconosciuto dall’INAIL come malattia professionale, le patologie che ne derivano possono essere considerate di origine professionale quando si dimostra il nesso causale con l’attività lavorativa.
Come ottenere un certificato medico valido per lo stress
Per ottenere un certificato medico valido, il lavoratore deve innanzitutto contattare il proprio medico curante, che può certificare lo stato di temporanea incapacità lavorativa e prescrivere un periodo di riposo.
Il medico curante invia all’INPS un certificato telematico entro due giorni dall’insorgenza della patologia, indicando i giorni di malattia previsti. Durante questo periodo, il lavoratore deve essere reperibile per eventuali visite fiscali, a meno che il certificato non specifichi la necessità di uscire per alleviare la tensione nervosa.
Inoltre, è importante consultare il medico competente aziendale, che può essere contattato direttamente dal lavoratore attraverso la richiesta di una visita straordinaria ai sensi dell’articolo 41, comma 2, lettera c) del D.Lgs. 81/08. Questa richiesta dovrebbe essere formalizzata per iscritto per garantire una corretta documentazione.
Quali specialisti possono attestare lo stress lavorativo
Diversi specialisti possono attestare lo stress lavorativo:
- Il medico del lavoro (medico competente aziendale)
- Psicologi specializzati in stress da lavoro
- Psichiatri per i casi di patologie psichiche correlate
- Centri specializzati presso le ASL in medicina del lavoro
- Ambulatori dedicati allo stress lavoro correlato e mobbing
Il medico competente riveste un ruolo fondamentale, poiché collabora con il datore di lavoro e con il Servizio di Prevenzione e Protezione nell’intero processo di valutazione dei rischi.
Documentazione clinica necessaria per provare il nesso causale
Per dimostrare il nesso causale tra lo stress e l’ambiente lavorativo è necessario:
- Certificazione medica che attesti la patologia correlata allo stress (disturbi d’ansia, depressivi, psicosomatici)
- Documentazione dell’ambiente lavorativo stressogeno, includendo i risultati della valutazione del rischio di stress da lavoro
- Eventuali referti specialistici che comprovino gli effetti dello stress sulla salute
È fondamentale che nella documentazione medica emerga chiaramente che lo stato patologico sia determinato in maniera prevalente dall’attività lavorativa.
Il medico competente può contribuire all’individuazione delle misure correttive, partecipare alla gestione dei casi individuali e segnalare al datore di lavoro le disfunzioni dell’organizzazione del lavoro riscontrate, facilitando la revisione della valutazione del rischio.
Il lavoratore raccoglie prove concrete dell’ambiente stressogeno
Per comprovare legalmente lo stress da lavoro, la raccolta di prove tangibili dell’ambiente lavorativo stressogeno rappresenta un passaggio cruciale nel procedimento legale contro il datore di lavoro.
Come documentare carichi di lavoro eccessivi
La documentazione del carico di lavoro eccessivo deve essere sistematica e dettagliata.
In primo luogo, è fondamentale conservare tutte le comunicazioni scritte che attestino richieste anomale o pressioni lavorative. Le email, i messaggi e i verbali delle riunioni costituiscono prove documentali preziose che dimostrano l’effettiva situazione lavorativa. Secondo l’esperienza giuridica, lo scambio di email e i verbali delle riunioni periodiche sono elementi probatori rilevanti per dimostrare il reale coinvolgimento dell’azienda nella gestione dello stress.
Inoltre, è consigliabile tenere un diario dettagliato delle attività quotidiane, annotando:
- Orari di lavoro effettivi, inclusi straordinari non retribuiti
- Mansioni assegnate rispetto a quelle contrattualmente previste
- Scadenze impossibili da rispettare e richieste contradditorie
- Episodi di tensione o conflitto nell’ambiente lavorativo
Secondo la giurisprudenza, il lavoratore che lamenta un carico eccessivo deve allegare rigorosamente l’inadempimento del datore di lavoro rispetto all’obbligo di sicurezza, evidenziando i relativi fattori di rischio.
Testimonianze e dichiarazioni di colleghi: valore probatorio
Le testimonianze dei colleghi assumono un valore probatorio significativo nei procedimenti legali per stress da lavoro. Infatti, come evidenziato in un caso giudiziario esemplare, le dichiarazioni di colleghi che confermano “il lavoro immane” e “l’arretrato consistente” hanno costituito riscontri fondamentali per dimostrare il carico eccessivo di lavoro.
Per raccogliere efficacemente queste testimonianze, è opportuno formalizzare le dichiarazioni per iscritto, possibilmente con firme autenticate. Parimenti importante è che le testimonianze siano dettagliate e specifiche, descrivendo con precisione le condizioni lavorative stressogene, come confermato dalla giurisprudenza recente che ha riconosciuto il valore di testimonianze che documentavano specifici episodi di stress e malessere sul posto di lavoro.
La Corte di Cassazione ha recentemente alleggerito l’onere probatorio per il lavoratore, stabilendo che non è necessario riferirsi a una norma specifica violata, ma al principio generale che discende dall’art. 2087 c.c.
L’avvocato costruisce la vertenza per stress da lavoro correlato
La costruzione di una vertenza legale per stress da lavoro correlato rappresenta un passaggio decisivo per ottenere giustizia dopo aver subito danni alla salute derivanti dall’ambiente lavorativo.
La Cassazione ha notevolmente ampliato la responsabilità del datore di lavoro in tema di tutela della salute psicofisica dei dipendenti, aprendo nuove possibilità di risarcimento.
Quando fare causa al datore di lavoro per stress
L’azione legale contro il datore di lavoro diventa opportuna quando sussistono condizioni specifiche.
Innanzitutto, è necessario che il danno alla salute sia clinicamente accertato e che esista un nesso causale tra questo e l’ambiente lavorativo.
La giurisprudenza recente ha chiarito che non è necessaria la presenza di mobbing o di un intento persecutorio per procedere con la causa: la Corte di Cassazione, con sei ordinanze emanate tra gennaio e febbraio 2024, ha riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro anche in assenza degli estremi del mobbing.
Inoltre, è possibile avviare una vertenza quando il datore di lavoro omette di impedire che un ambiente lavorativo stressogeno provochi danni alla salute del dipendente. Questo orientamento innovativo mette al centro dell’organizzazione lavorativa la salute mentale dei lavoratori, proteggendola da qualsiasi situazione di conflittualità.
Come dimostrare la violazione dell’articolo 2087 c.c.
Per dimostrare la violazione dell’articolo 2087 del Codice Civile, il lavoratore deve evidenziare che il datore di lavoro non ha adottato le misure necessarie per tutelare l’integrità psicofisica dei prestatori di lavoro.
Secondo la Cassazione, la tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore non ammette sconti: fattori quali l’ineluttabilità, la fatalità o la fattibilità economica non possono giustificare carenze nelle misure di tutela.
La Corte ha stabilito che per rintracciare una responsabilità datoriale non è necessaria la presenza di un “unificante comportamento vessatorio”: è sufficiente l’adozione di comportamenti, anche colposi, che possano ledere la personalità morale del lavoratore.
Pertanto, condotte non necessariamente vessatorie, ma esorbitanti rispetto all’ordinaria gestione del rapporto, violano l’articolo 2087 c.c. quando creano un ambiente logorante.
Strategie legali per ottenere il risarcimento danni
Le strategie per ottenere un risarcimento efficace includono diversi passaggi. Il lavoratore, assistito dal proprio avvocato, deve presentare in tribunale una richiesta dimostrando che il danno è stato causato da un ambiente di lavoro nocivo e da prestazioni lavorative richieste in modo deviante.
La richiesta deve evidenziare i fattori di rischio per la salute derivanti dall’ambiente lavorativo, senza necessariamente individuare la specifica norma violata.
Nella causa, il lavoratore ha l’onere di dimostrare l’esistenza del danno, la nocività dell’ambiente e il nesso causale, mentre il datore di lavoro deve provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
La Cassazione ha recentemente alleggerito l’onere probatorio per il lavoratore, rafforzando un orientamento che estende la tutela della salute dei dipendenti oltre la prevenzione del mobbing, includendo tutte le situazioni di stress da lavoro.