Lavoratore non più idoneo alla mansione: cosa fare e tutele con un avvocato del lavoro

Introduzione – Quando l’idoneità lavorativa cambia, serve un avvocato che ti guidi

Essere dichiarati non idonei alla mansione rappresenta una delle situazioni più delicate nel mondo del lavoro. Può accadere dopo un infortunio, una malattia professionale o a seguito della sorveglianza sanitaria.
In questi casi, conoscere i diritti dei lavoratori e gli obblighi del datore di lavoro è fondamentale, ma non sempre basta: la realtà è che spesso servono strategie legali mirate, consulenze tecniche e la guida di un avvocato esperto in diritto del lavoro capace di interpretare il quadro normativo e difendere efficacemente la posizione del lavoratore o dell’azienda.

Un errore nella gestione della comunicazione di inidoneità, nella ricollocazione o nella procedura di licenziamento può comportare conseguenze gravi:

  • licenziamenti dichiarati illegittimi,
  • contenziosi onerosi,
  • perdita del diritto alla NASpI,
  • e situazioni di stress lavorativo e personale difficilmente reversibili.

In questo approfondimento vedremo quando l’inidoneità è temporanea o permanente, come deve comportarsi il datore di lavoro, quando il licenziamento è legittimo o impugnabile, quali sono i diritti del lavoratore e come l’assistenza di un avvocato esperto in diritto del lavoro può fare la differenza.

👉 Se ti trovi in una situazione di inidoneità o stai gestendo un lavoratore dichiarato non idoneo, leggi con attenzione: ti spiegheremo come difenderti, cosa può (e deve) fare il datore di lavoro, e come un avvocato può proteggere i tuoi diritti e i tuoi interessi economici.

🧭 Cosa significa “non più idoneo alla mansione” – Analisi legale e medica

Quando si parla di “non idoneità alla mansione”, ci si riferisce al giudizio espresso dal medico competente nell’ambito della sorveglianza sanitaria aziendale, ai sensi del D.Lgs. 81/2008. Tale giudizio stabilisce se il lavoratore può o meno continuare a svolgere la mansione assegnata, tenendo conto delle sue condizioni fisiche e dell’ambiente di lavoro.

Il fondamento giuridico dell’idoneità

La valutazione di idoneità trova base nei principi generali del diritto del lavoro, sanciti dagli articoli:

  • Art. 2087 c.c. → obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
  • Art. 2103 c.c. → disciplina l’adibizione alle mansioni: il lavoratore deve essere impiegato in compiti conformi alla sua qualifica, e può essere assegnato a mansioni diverse solo nei casi consentiti dalla legge.

In altre parole, il datore di lavoro non solo può, ma deve modificare la mansione se la precedente mette a rischio la salute del dipendente. Tuttavia, ciò deve avvenire nel rispetto della professionalità, della dignità e della retribuzione del lavoratore.

Le tipologie di giudizio del medico competente

Il medico competente, dopo aver effettuato gli accertamenti sanitari, può esprimere uno dei seguenti giudizi:

  • Idoneità piena alla mansione;
  • Idoneità con prescrizioni o limitazioni (es. divieto di sollevamento pesi, esclusione da turni notturni);
  • Inidoneità temporanea;
  • Inidoneità permanente (o definitiva) alla mansione specifica.

I due casi di inidoneità (temporanea e permanente) sono profondamente diversi dal punto di vista giuridico, perché comportano obblighi e conseguenze differenti per datore di lavoro e dipendente.

L’importanza del giudizio medico documentato

Il giudizio deve essere formale, scritto e motivato, comunicato sia al lavoratore sia al datore di lavoro, e contenere le prescrizioni sanitarie da rispettare.
In assenza di tale formalità, ogni provvedimento aziendale (come un licenziamento) può essere impugnato e annullato.

Mansione specifica, equivalenti e inferiori: cosa cambia

Essere dichiarati inidonei alla “mansione specifica” non significa essere inidonei a qualsiasi attività lavorativa. Il datore di lavoro, infatti, è tenuto a verificare:

  • se il lavoratore può essere ricollocato in mansioni equivalenti compatibili con la salute;
  • e, solo se non possibile, adibito a mansioni inferiori, purché con mantenimento della retribuzione.

Questa fase, detta “obbligo di repechage”, è uno dei cardini della giurisprudenza in materia di licenziamento per inidoneità.

💡 Esempio: immagina un operaio metalmeccanico che, dopo anni di lavoro in catena di montaggio, sviluppi un problema cronico alla schiena. Il medico lo dichiara inidoneo al sollevamento di carichi. L’azienda deve allora valutare se può impiegarlo in altre postazioni (controllo qualità, magazzino informatizzato, logistica interna). Se tale verifica non viene fatta o non è documentata, un eventuale licenziamento può essere contestato e annullato da un giudice.

⚖️ Quando l’inidoneità è temporanea: come comportarsi e quali diritti attivare

L’inidoneità temporanea è la situazione in cui il lavoratore, per motivi di salute, non può svolgere la mansione attuale per un periodo limitato, ma si prevede che potrà tornare idoneo dopo cure, riabilitazione o guarigione.

Diritti del lavoratore in caso di inidoneità temporanea

Il lavoratore ha diritto a:

  • essere informato tempestivamente del giudizio e delle sue motivazioni;
  • mantenere la retribuzione (nei limiti previsti dal CCNL e dalle assenze giustificate);
  • non essere licenziato per il solo fatto di essere temporaneamente inidoneo;
  • essere ricollocato, se possibile, in mansioni alternative temporanee;
  • ottenere la tutela della dignità professionale e il rispetto delle limitazioni mediche.

È importante sottolineare che il datore non può ignorare le prescrizioni del medico né obbligare il lavoratore a svolgere compiti incompatibili con le sue condizioni.

Obblighi del datore di lavoro

L’azienda, ricevuto il giudizio, deve:

  1. verificare la possibilità di ricollocare temporaneamente il lavoratore in mansioni compatibili;
  2. adottare misure organizzative che garantiscano la salute (pause, ausili, riduzione orari);
  3. evitare qualsiasi forma di discriminazione o esclusione dal contesto lavorativo;
  4. documentare tutte le verifiche effettuate.

La giurisprudenza è chiara: se il datore non tenta la ricollocazione o non adotta soluzioni alternative, non può licenziare legittimamente il dipendente.

Come comportarsi concretamente

Il lavoratore deve:

  • mantenere un dialogo aperto con l’azienda e il medico competente;
  • richiedere per iscritto copia del giudizio medico;
  • segnalare eventuali peggioramenti o miglioramenti delle proprie condizioni;
  • in caso di tensioni o mancato rispetto delle prescrizioni, chiedere subito assistenza legale.

💡 Esempio: Mario lavora in una fabbrica e viene adibito a mansione con sollevamento pesi rilevanti. Dopo un incidente muscolo-scheletrico, il medico competente lo giudica “temporaneamente inidoneo” alla mansione attuale, ma propone che possa svolgere mansioni equivalenti senza sollevamento o con ausili. L’azienda gli propone un incarico diverso, sempre nello stesso stabilimento, senza sollevamento e con turni modificati. Il datore rispetta le prescrizioni mediche: in questo caso la situazione è gestita correttamente. Se invece l’azienda non proponesse nulla e dovesse decidere di licenziarlo per inidoneità permanente, il lavoratore potrebbe agire con un avvocato specializzato, sostenendo che non è stata data reale possibilità di ricollocazione.

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🔍 Quando l’inidoneità è permanente: conseguenze per il lavoratore

L’inidoneità permanente si verifica quando il lavoratore, in seguito a malattia, infortunio o patologia cronica, non può più svolgere la mansione e la condizione di salute non è reversibile o non è prevedibile un recupero funzionale. Ciò comporta conseguenze più complesse dal punto di vista del rapporto di lavoro.

Diritti del lavoratore

In questa situazione il lavoratore ha diritto a:

  • essere ricollocato in mansioni equivalenti o inferiori compatibili con la salute;
  • mantenere il trattamento economico originario se viene adibito a mansioni inferiori;
  • ricevere una comunicazione chiara e motivata dell’impossibilità di ricollocazione;
  • ottenere, se licenziato, la NASpI e gli altri ammortizzatori sociali;
  • impugnare il licenziamento se ritiene che l’azienda non abbia rispettato l’obbligo di repechage.

Obblighi del datore di lavoro

L’azienda non può limitarsi a constatare l’inidoneità: deve provare di aver esplorato ogni possibilità di reimpiego. Questo include:

  • la verifica di tutte le posizioni compatibili in azienda;
  • la valutazione di eventuali adattamenti organizzativi;
  • la documentazione scritta delle verifiche effettuate;
  • l’adozione di eventuali corsi di riqualificazione o trasferimenti non punitivi.

Solo se tutte queste condizioni risultano impossibili, il datore può procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Aspetti economici e previdenziali

Il lavoratore licenziato per inidoneità permanente può accedere alla NASpI, purché il licenziamento non sia dovuto a condotta volontaria. Inoltre, può avere diritto a:

  • riconoscimento di invalidità civile o assegno ordinario INPS,
  • tutela INAIL in caso di malattia professionale o infortunio sul lavoro,
  • eventuale ricorso per indennità sostitutiva del preavviso se non rispettato dall’azienda.

💡 Esempio: Antonio, tecnico manutentore, viene dichiarato permanentemente inidoneo a lavorare in quota per problemi cardiaci. L’azienda, pur avendo reparti di manutenzione a terra, non tenta alcuna ricollocazione e procede al licenziamento.
Grazie all’assistenza di un avvocato esperto in diritto del lavoro, Antonio impugna il licenziamento: il giudice riconosce l’illegittimità per violazione dell’obbligo di repechage e condanna l’azienda a reintegro e risarcimento.

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🤔 L’azienda può licenziare un lavoratore non più idoneo alla mansione?

La domanda è cruciale: sì, ma solo in casi ben precisi e documentati.
Il licenziamento per inidoneità fisica o psichica è possibile soltanto quando l’azienda dimostra di aver rispettato tutti gli obblighi di legge e di aver realmente tentato ogni soluzione alternativa per mantenere il rapporto di lavoro.

Quando il licenziamento è legittimo

Il licenziamento può essere considerato legittimo soltanto se:

  • l’inidoneità è accertata dal medico competente e risulta permanente;
  • non esistono mansioni compatibili in azienda, anche inferiori, con o senza adattamenti;
  • il datore di lavoro ha adempiuto all’obbligo di repechage e ne ha documentato ogni passaggio;
  • il licenziamento è motivato come giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della Legge n. 604/1966.

In assenza di uno solo di questi elementi, il licenziamento può essere impugnato e dichiarato illegittimo o nullo, con conseguente reintegro o risarcimento per il lavoratore.

Procedura da seguire

Ecco i principali step che un’azienda deve seguire e che un avvocato esperto in diritto del lavoro consiglia di curare con attenzione:

  1. Accertamento medico: il medico competente e/o la Commissione medica valutano l’inidoneità, temporanea o permanente, e comunicano l’esito.
  2. Verifica interna: l’azienda valuta la disponibilità di mansioni alternative (equivalenti o inferiori) compatibili con il lavoratore. Documenta la ricerca.
  3. Comunicazione al lavoratore: informazione formale al lavoratore del giudizio e delle prospettive aziendali di ricollocazione o cessazione.
  4. Tentativo di ricollocazione: assegnazione del lavoratore a mansioni alternative se esistenti e compatibili, con mantenimento di trattamento economico equiparato.
  5. Valutazione impossibilità: se non vi sono mansioni alternative, l’azienda documenta l’impossibilità (ad esempio per ragioni tecniche, organizzative, economiche).
  6. Decisione di licenziamento: se l’impossibilità è accertata, procede al licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Deve rispettare gli obblighi di preavviso o indennità sostitutiva (art. 2118 c.c.).
  7. Lettera di licenziamento: redazione della comunicazione scritta contenente motivazione oggettiva, data di efficacia, eventuale preavviso o indennità sostitutiva, e consegna al lavoratore.
  8. Tempistiche e obblighi contributivi: rispettare i termini di legge per la comunicazione e garantire gli adempimenti contributivi e fiscali.

Quando il licenziamento è illegittimo

È illegittimo il licenziamento se:

  • l’azienda non ha verificato la possibilità di ricollocazione;
  • non è stato rispettato il parere medico o le limitazioni indicate;
  • il licenziamento è una “scorciatoia” per liberarsi di un lavoratore malato o con disabilità;
  • non è stata rispettata la procedura dell’art. 7 della Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), in caso di contestazioni;
  • la lettera di licenziamento è generica o non adeguatamente motivata.

In questi casi il lavoratore può impugnare il provvedimento entro 60 giorni, con l’assistenza di un avvocato del lavoro. La giurisprudenza, infatti, tutela fortemente i lavoratori contro licenziamenti discriminatori o formalmente viziati.

💡 Esempio: un’azienda metalmeccanica ha un operaio risultato permanentemente inidoneo alla mansione di saldatore per motivi di salute. L’azienda valuta che non ha mansioni equivalenti disponibili né fornisce un incarico alternativo compatibile senza modificare significativamente l’assetto produttivo. Dopo aver documentato l’impossibilità di impiego, l’azienda procede al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, redigendo la lettera pertinente con preavviso o indennità. Se successivamente il lavoratore impugna, l’azienda dovrà dimostrare di aver fatto tutto quanto possibile per la ricollocazione

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Il licenziamento potrebbe essere impugnabile se non è stato rispettato l’obbligo di repechage o se il giudizio medico è stato gestito in modo scorretto.
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🔑 Come può difendersi il lavoratore: strumenti e strategie legali

Essere dichiarati “non idonei” o ricevere una lettera di licenziamento non significa essere senza tutela. Il lavoratore dispone di mezzi di difesa efficaci, sia in sede amministrativa che giudiziale.

Contestazione del giudizio medico

Il primo passo, se si ritiene ingiusto o errato il giudizio di inidoneità, è presentare ricorso alla Commissione Medica di seconda istanza entro 30 giorni dalla comunicazione del giudizio.
È fondamentale essere assistiti da un avvocato e da un medico legale di parte per predisporre la documentazione sanitaria e tecnica.

Impugnazione del licenziamento

Se l’azienda procede al licenziamento, il lavoratore può impugnarlo entro:

  • 60 giorni dalla notifica, con una comunicazione scritta;
  • 180 giorni per il deposito del ricorso al tribunale del lavoro.

In questa fase è essenziale dimostrare che:

  • non sono stati tentati adeguamenti o ricollocazioni;
  • il giudizio medico è stato mal gestito;
  • il licenziamento ha natura discriminatoria o ritorsiva.

L’avvocato del lavoro può chiedere al giudice:

  • la reintegrazione nel posto di lavoro;
  • il risarcimento del danno economico;
  • o, se non si vuole tornare in azienda, una indennità sostitutiva.

Tutele alternative e NASpI

In attesa della decisione, il lavoratore può richiedere la NASpI e, se riconosciuta l’invalidità o la malattia professionale, anche prestazioni INPS o INAIL.
L’avvocato può assistere anche nella domanda amministrativa, evitando errori che compromettano l’accesso agli ammortizzatori.

Mediazione e conciliazione

Molte controversie si risolvono in sede di conciliazione sindacale o presso l’Ispettorato del Lavoro, ottenendo risarcimenti economici o accordi vantaggiosi senza affrontare un lungo processo.
Un avvocato esperto può negoziare accordi di conciliazione che tutelino sia il diritto al sostegno economico (NASpI) sia il mantenimento della reputazione professionale del lavoratore.

💡 Esempio: Luca, dipendente di un’azienda di logistica, viene dichiarato “temporaneamente inidoneo” alla mansione di carrellista per problemi alla schiena. L’azienda non gli propone mansioni alternative e dopo 4 mesi lo licenzia per inidoneità. Luca contatta un avvocato specializzato e scopre che l’azienda non ha documentato alcuna ricerca di mansioni alternative né rispettato le prescrizioni mediche. L’avvocato avvia impugnazione del licenziamento, chiedendo reintegro o risarcimento.

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🔄 Demansionamento, ricollocazione e limiti (art. 2103 c.c.)

Quando un lavoratore non è più idoneo alla mansione originaria, il datore può ricollocarlo in altre attività, ma deve rispettare l’art. 2103 c.c., che tutela la dignità e la professionalità del dipendente.

“Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte. […] Il mutamento di mansioni è consentito solo nei casi previsti dai contratti collettivi o in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali.”

Dunque, la legge consente al datore di ricollocare il dipendente, ma con due vincoli fondamentali:

  1. Il cambiamento deve essere necessario e proporzionato rispetto all’inidoneità;
  2. Il lavoratore deve prestare consenso scritto se le nuove mansioni comportano un livello inferiore.

La ricollocazione è parte dell’obbligo di repechage, cioè del dovere di cercare un’altra posizione compatibile prima del licenziamento.

Questo significa che un licenziamento senza tentativo di ricollocazione è automaticamente illegittimo.

💡 Esempio: un’azienda alimentare riceve un giudizio medico che dichiara un dipendente “inidoneo al lavoro in ambienti umidi e freddi”.
Invece di licenziarlo, il datore propone l’assegnazione all’ufficio spedizioni, con formazione e mansioni d’ufficio.
Il tribunale, in caso di contestazione, riconosce la legittimità della scelta aziendale, perché conforme all’art. 2103 e al principio di buona fede contrattuale (art. 1175 c.c.).

Se sei stato demansionato o ricollocato in modo penalizzante, o se l’azienda ti ha licenziato senza proporti un’alternativa, contatta un avvocato del lavoro.
👉 Potresti ottenere un risarcimento per perdita di professionalità o l’annullamento del licenziamento.
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📢 Diritto alla conservazione del posto durante l’inidoneità temporanea (art. 2110 c.c.)

L’art. 2110 del Codice Civile garantisce la conservazione del posto di lavoro in caso di malattia o infortunio. Durante tale periodo (detto “comporto”), il datore non può licenziare, se non per giusta causa o cessazione dell’attività.

In caso di infortunio o malattia, il datore di lavoro deve conservare il posto per il tempo determinato dai contratti collettivi o dagli usi locali.”

Il lavoratore inidoneo temporaneamente ha quindi diritto a:

  • mantenere il posto di lavoro;
  • ricevere indennità economiche INPS o integrative aziendali;
  • non subire licenziamento fino alla fine del periodo di comporto.

Dopo tale termine, l’azienda può valutare la risoluzione del rapporto, ma solo se l’inidoneità permane e non vi sono mansioni compatibili.

💰 Il risarcimento per licenziamento illegittimo (artt. 2118 e 2119 c.c.)

Gli articoli 2118 e 2119 del Codice Civile disciplinano la cessazione del contratto di lavoro e il recesso per giusta causa.
Un licenziamento per inidoneità senza giustificato motivo oggettivo, o in violazione delle tutele di legge, comporta:

  • reintegrazione del lavoratore (art. 18 L. 300/1970), se il giudice lo ritiene proporzionato;
  • risarcimento fino a 24 mensilità (D.Lgs. 23/2015), per assunzioni post-Jobs Act;
  • pagamento delle mensilità arretrate e dei contributi previdenziali.

L’azienda può anche essere condannata a danni aggiuntivi se il licenziamento è lesivo della dignità personale o discriminatorio, secondo l’art. 2043 c.c.

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👩‍⚖️ Quando è il momento di consultare un avvocato esperto in diritto del lavoro

Per il lavoratore

Ti conviene rivolgerti a un avvocato esperto in diritto del lavoro se:

  • ritieni che il giudizio medico sia sbagliato o non sia stato correttamente comunicato;
  • l’azienda non ha proposto mansioni alternative o ha ignorato il giudizio di inidoneità/limitazioni;
  • l’azienda procede al licenziamento e vuoi verificare la legittimità della procedura;
  • vuoi tutelare il tuo diritto alla NASpI o valutare se le dimissioni debbano essere qualificate come dimissioni per giusta causa;
  • vuoi verificare il mantenimento dei contributi, delle tutele previdenziali e della buona uscita.

Per il datore di lavoro

Anche per l’azienda è opportuno richiedere consulenza legale se:

  • ha un lavoratore dichiarato inidoneo e vuole valutare correttamente mansioni alternative e l’onere di ricollocazione;
  • vuole predisporre correttamente la procedura di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in caso di inidoneità permanente;
  • vuole minimizzare il rischio di contenziosi per licenziamento illegittimo o mancata ricollocazione;
  • vuole redigere la documentazione interna (relazioni, lettere, verbali, mansioni alternative) sotto la guida di un avvocato specializzato nei diritti dei lavoratori e nell’assistenza ai datori.

❓FAQ – Domande frequenti su inidoneità alla mansione, licenziamento e diritti

Quando si è considerati non più idonei alla mansione?

Quando il medico competente, dopo visita periodica o straordinaria, ritiene che le condizioni di salute non permettano di svolgere in sicurezza le mansioni assegnate, temporaneamente o in modo permanente.

Cosa deve fare subito un lavoratore dichiarato inidoneo?

Richiedere copia del giudizio medico, informarsi sui propri diritti e contattare un avvocato esperto in diritto del lavoro per verificare la correttezza del procedimento e valutare un ricorso, se necessario.

L’azienda può licenziare subito un lavoratore inidoneo?

No, il datore deve prima verificare se esistono mansioni alternative o inferiori compatibili. Solo se dimostra l’impossibilità oggettiva di ricollocazione può procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Quanto tempo dura l’inidoneità temporanea?

Dipende dal giudizio medico: può variare da pochi mesi a un anno, con rivalutazioni periodiche. Durante tale periodo il datore non può procedere al licenziamento, salvo eccezioni gravi e motivate.

Posso contestare un giudizio medico che ritengo sbagliato?

Sì, è possibile presentare ricorso alla Commissione Medica di seconda istanza entro 30 giorni dalla comunicazione del giudizio. L’assistenza di un avvocato del lavoro è consigliata per seguire la procedura correttamente.

Quali sono le differenze tra inidoneità permanente e invalidità civile?

L’inidoneità riguarda la mansione specifica e il rapporto di lavoro; l’invalidità civile è una valutazione medico-legale dell’INPS che dà accesso a prestazioni assistenziali. Possono coesistere ma hanno finalità diverse.

Ho diritto alla NASpI se vengo licenziato per inidoneità permanente?

Sì, se il licenziamento è per giustificato motivo oggettivo e il lavoratore non ha rassegnato volontariamente le dimissioni. È considerata perdita involontaria del lavoro.

Cosa succede se mi dimetto perché non mi vengono offerte mansioni compatibili?

Potresti dimetterti per giusta causa, cioè per inadempimento del datore di lavoro. Anche in questo caso potresti accedere alla NASpI, ma è fondamentale essere assistito da un legale per documentare la situazione.

Quanto tempo ho per impugnare un licenziamento per inidoneità?

Entro 60 giorni dalla ricezione della lettera di licenziamento (aziende <15 dipendenti) o 120 giorni (>15 dipendenti). Successivamente hai 180 giorni per depositare il ricorso in tribunale.

Se l’azienda mi assegna mansioni inferiori, ma con lo stesso trattamento economico, è corretto?

Sì, se l’assegnazione rispetta il principio del “repechage” e preserva il trattamento economico della mansione precedente. Occorre però che l’assegnazione sia compatibile, motivata e non arbitraria. L’avvocato può verificare che ciò avvenga in modo conforme.

🤔 Sei un lavoratore che si trova nella condizione di inidoneità alla mansione, o un datore di lavoro che vuole gestire in modo corretto e documentato il caso?

👨‍⚖️ Rivolgiti ad avvocati esperti in diritto del lavoro per una consulenza legale personalizzata, potranno aiutarti a:

  • valutare i rischi e le opportunità della procedura;
  • raccogliere la documentazione essenziale (giudizio medico, mansioni alternative, lettere, comunicazioni);
  • evitare errori procedurali che possono sfociare in contenziosi costosi per entrambe le parti;
  • tutelare i tuoi diritti e contribuire alla sostenibilità del rapporto di lavoro o alla sua conclusione in modo corretto.

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